Comunicato 24 maggio 2022 n.1

Al Senato della Repubblica e alla Camera dei Deputati
Al Presidente della Repubblica

Con l’art. 43 del decreto legge 30 aprile 2022 n. 36 “Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale ed entrato in vigore il giorno successivo, è stato istituito un Fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità commessi dalle truppe del Terzo Reich in Italia dal 1° settembre 1939 all’8 maggio 1945. L’accesso a tale fondo è consentito solo a coloro che vantano una sentenza passata in giudicato che abbia accertato i danni da essi subiti a seguito di azioni giudiziarie avviate alla data di entrata in vigore del decreto oppure incardinate entro e non oltre trenta giorni dalla stessa data.
Senza entrare nel merito della sua genesi ed evitando di commentare le ragioni della decisione dello Stato Italiano di farsi carico e risolvere definitivamente una questione non sua, la norma è offensiva e irrispettosa nei confronti delle tante migliaia di vittime e dei loro familiari che hanno visto distrutte vite, progetti e speranze e segnate esistenze a causa di quei terribili crimini (la deportazione, i lavori forzati, le atrocità contro il popolo ebraico, gli spregevoli eccidi come quelli delle Fosse Ardeatine, di Sant’Anna di Stazzema, di Marzabotto le cui Associazioni condividono le nostre stesse perplessità) e della loro memoria.
Tre fondamentali considerazioni.
1) Il risarcimento viene riconosciuto soltanto a seguito della promozione di un’azione giudiziaria, costringendo, quindi, ogni superstite e ogni familiare di vittima a fare causa affinché il proprio danno sia accertato da un magistrato civile come conseguenza di crimini di guerra e contro l’umanità nonostante esso sia stato già riconosciuto dal giudizio della Storia, dal diritto internazionale e, da decisioni di Tribunali Penali o Militari italiani.
La quasi totalità dei superstiti e dei familiari delle vittime e dei deportati (in ben pochi hanno avviato una causa contro la Germania) ha già abbondantemente dimostrato di non voler percorrere la via giudiziaria e ora lo Stato Italiano dice loro che questa è l’unica via per ottenere una soddisfazione creando, in talo modo, inaccettabili discriminazioni tra superstiti e familiari. Esistenze straziate, sofferenze indicibili sono dunque rimesse all’aleatorietà di un’azione giudiziale!
2) Con la previsione di un brevissimo termine di “decadenza” (trenta giorni dalla data di entrata in vigore, entro, dunque, la fine del corrente mese di maggio), si è voluto impedire di fatto l’accesso al fondo rendendo agli interessati praticamente impossibile, visto il tempo modesto, l’assunzione di decisioni personali così delicate e il compimento degli atti necessari alla promozione di un’azione giudiziaria. L’apposizione di una simile scadenza, oltre ad apparire di dubbia legittimità ponendo una preclusione all’esercizio di diritti legati a crimini imprescrittibili, è profondamente lesiva della dignità delle vittime e della loro memoria. Il rispetto di esse e dei diritti dei loro familiari avrebbe imposto l’indicazione di un termine congruo rispetto anche alla delicatezza del tema e alle difficoltà di procedimenti di questo genere, termine che non può essere certamente inferiore a sei mesi.
3) L’inserimento del Fondo tra le risorse alimentate da denaro destinato alla ripresa economica con richiamo al PNRR crea una questione morale che fa orrore. Nessuno dei nostri familiari delle vittime può neanche immaginare di essere “ristorato” con denaro tolto ad esigenze primarie del paese né tantomeno con denaro che debba essere restituito dalle future generazioni.
Ci si è volutamente limitati alle criticità principali, quelle più offensive se non oltraggiose della memoria, ma è tutta la norma che appare sbagliata nei presupposti e nei contenuti, basandosi su una prospettiva distorta della problematica e su una totale assenza di dialogo con le associazioni rappresentative dei superstiti e delle vittime, e dimostrando incoerenza rispetto all’impegno sul tema della memoria.
Non abbiamo bisogno di diritti vuoti né di norme che creano discriminazioni e ingiustizie.
Per questo chiediamo alle Camere di ripensare l’intera disposizione di cui all’art. 43 del decreto legge n. 36 del 2022 e, nel non auspicabile caso di sua conversione, che sia comunque eliminato il termine di decadenza di cui al comma 6 oppure modificato estendendolo ad almeno 180 giorni.
E ci appelliamo al Presidente della Repubblica affinché sia garantita la dignità dei Martiri.

24 Maggio 2022

A.N.F.I.M.

Associazione Nazionale Familiari Italiani dei Martiri caduti per la libertà della Patria

Il Consiglio Nazionale

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